Itizionario - H
Breve dizionario dell'itinerario
HEMINGWAY, ERNEST
“Scrivere in maniera semplice e chiara soltanto di cose che si conoscono” era il suo intento, e le corse di cavalli lui le conosceva bene. L’ambiente di San Siro ebbe modo di frequentarlo, giovanissimo (era nato nel 1899), durante il suo soggiorno in Italia negli anni della prima guerra mondiale, anche grazie all’amicizia con Frank Turner, un nordamericano che lavorò come fantino presso la scuderia Tesio prima di fondare la propria scuderia, tuttora esistente. Da quei ricordi del primo Ippodromo milanese, Hemingway trarrà spunto per alcune pagine del suo romanzo Addio alle armi: “Noi quattro andammo a San Siro in una carrozza scoperta. (…) Molte carrozze entravano nell’ippodromo e gli inservienti al cancello ci lasciarono entrare senza biglietto perché eravamo in uniforme. Scendemmo dalla carrozza; comprammo i programmi e attraversammo a piedi il prato e poi la soffice pista del percorso verso il recinto del peso. Le tribune del pesage erano antiche e fatte di legno e i totalizzatori erano sotto le tribune e allineati vicino agli stalli. C’era una folla di soldati lungo lo steccato del prato. Il pesage era pieno di gente e facevano passeggiare i cavalli in cerchio sotto gli alberi dietro alla tribuna centrale. (…) Salimmo sulla tribuna centrale a guardare la corsa. (…) Allora non c’erano i nastri a San Siro e il commissario allineò tutti i cavalli, parevano piccolissimi giù nella pista, e poi diede il via con uno schiocco della lunga frusta. (…)”. Molti anni dopo, il ricordo di San Siro riemergerà in uno dei Quarantanove racconti, “Il mio vecchio”, il cui protagonista narra del padre fantino e dei suoi sforzi per tenere il proprio peso sotto controllo: “Ricordo una volta a San Siro, quando Regoli, un piccolo italiano che montava per Buzoni, uscì attraverso il paddock per andare a prendere qualcosa di fresco al bar, si batteva gli stivali col frustino, dopo essersi appena pesato, e anche il mio vecchio era appena stato al peso, e uscì con la sella sottobraccio, rosso in faccia e stanco e troppo grosso per il costume di seta che indossava, e si fermò a guardare il giovane Regoli ritto davanti al banco di quel bar, all’aperto, con la sua faccia fresca e infantile, e io dissi ‘Che c’è, papà?’, perché credevo che Regoli, magari, lo avesse spinto o disturbato in qualche modo, e lui si limitò a guardare Regoli e a dire ‘Oh, all’inferno’ e proseguì verso gli spogliatoi”. Il Regoli di questo ricordo hemingwayano doveva essere davvero molto giovane perché, per una beffarda nemesi, furono proprio i gravi sacrifici che doveva affrontare per non oltrepassare i limiti di peso a convincerlo ad abbandonare l’attività di fantino nel 1932 per dedicarsi a quella, fortunatissima, di allevatore. Vincitore del Premio Nobel nel 1954, Hemingway morì suicida nel 1961.