Itizionario - R
Breve dizionario dell'itinerario
RAZZE EQUINE
Se ne conoscono più di trecento, la maggior parte delle quali è stata creata dall'uomo attraverso incroci e selezioni per fissare i caratteri più desiderati, in base a criteri morfologici (aspetto) o funzionali (ad esempio la velocità, nel caso delle razze da corsa). L'uomo ha addomesticato i cavalli molti secoli fa – di preciso, secondo alcuni ricercatori delle Università di Bristol ed Exeter, circa 5500 anni fa da parte della civiltà dei Botai in Kazakhistan e sono solo due le razze selvagge note, cioè di cui l'uomo non ha mai domato alcun esemplare: il tarpan, estinto nel 1800, e il quasi estinto cavallo di Przewalski – ma le razze che oggi si possono osservare sono il frutto di selezioni relativamente recenti. In passato erano soprattutto le condizioni ambientali a incidere sulle caratteristiche di una razza; per millenni l'umanità è dipesa dai cavalli per il trasporto, l'agricoltura, l'industria e la guerra ed era dunque vitale ottenere animali sempre più forti e vigorosi. L'ultimo secolo ha visto un radicale cambiamento nell'impiego del cavallo, che non viene più richiesto per gli usi di una volta ma per finalità sportive e ciò ha comportato da un lato una diminuzione del numero di razze equine, dall'altro la creazione di nuove razze con doti atletiche adeguate. Alcune razze antiche, soprattutto da carrozza e da guerra, come l'Hannover, hanno ricevuto nuovo sangue per diventare più adatte all'impiego nell'equitazione sportiva e amatoriale. Le razze equine possono essere classificate in vari modi: in base alla nazionalità (una trentina quelle italiane); in base alla corporatura dei cavalli (brachimorfi quelli da tiro, mesomorfi come quelli da sella, dolicomorfi quelli leggeri da sella e da corsa); in base al temperamento e alla genealogia (sangue ardente le razze pure, destinate alle corse, sangue caldo quelle meno esuberanti adatte per l'uso da sella – anche sportivo – o la carrozza, sangue freddo quelle più flemmatiche).
REGOLI, FEDERICO
Vissuto tra gli ultimi anni dell’Ottocento e il 1985, Federico Regoli fu in gioventù uno dei più grandi fantini italiani di ogni tempo. Correva per la scuderia di Federico Tesio in sella a cavalli mitici, come l’imbattuto Cavaliere d’Arpino. Detiene tuttora il record di vittorie (otto, di cui cinque consecutive), nel Derby italiano di galoppo, ottenute tra il 1917 il 1926. Sempre in lotta con il peso, si ritira dalle corse nel 1932 e, lasciata la Dormello Olgiata, inizia per la Razza del Soldo una lunga e fortunata carriera di allenatore e scopritore di grandi talenti.
RIBOT
Grande campione di galoppo, Ribot è considerato il cavallo più forte di tutti i tempi. Un puledrino piuttosto sgraziato, nato nella campagna inglese intorno a Newmarket il 27 febbraio 1952, da genitori e proprietari italiani: la madre era la fattrice Romanella, vincitrice del Criterium Nazionale, e il padre il grandissimo Tenerani, nel cui palmarès figurano il Derby Italiano, il Gran Premio di Milano, il St.Leger Italiano, la Goodwood Cup e le Queen Elizabeth Stakes. Fu allevato da Federico Tesio, che già era stato il “maestro” del fuoriclasse Nearco. Vent'anni dopo Tesio si ripete con “il cavallo del secolo”, che fu montato per tutta la sua carriera dal fantino Enrico Camici e con lui vinse tutti i gran premi europei: un binomio da sedici vittorie su sedici in una carriera durata tre anni. Tra le loro vittorie più importanti figurano l'Arc de Triomphe e il Jockey Club del 1955; e nell'anno successivo il King George Stakes, il Gran Premio di Milano e ancora una volta l'Arc de Triomphe. In occasione delle King George and Queen Elizabeth Stakes ad Ascot, Ribot ricevette addirittura le congratulazioni della Regina Elisabetta II, subito dopo aver battuto il cavallo di proprietà della famiglia reale. Morì in Inghilterra in 28 aprile del 1972 all’età di vent’anni a causa di un’emorragia interna, dopo aver lasciato come discendenti una schiera di campioni.