...Correva l'anno 2023: una scommessa per il futuro
Milano, piazzale Lotto, martedì 25 aprile 2023, purtroppo quest’anno non sono riuscito ad organizzarmi per il consueto ponte primaverile: troppe pratiche da chiudere in arretrato che mi hanno bloccato in città.
Un po’ sconfortato, ero anche molto indeciso su come passare questo giorno di festa e quando domenica sera Tommaso mi ha urlato: “paaa’… andiamo a fare una passeggiata tra i cavalli?”, mi si è accesa una lampadina e mi è tornato il buon umore. Da qualche giorno infatti può capitare di vedere una particolare pubblicità dal richiamo emblematico: "A cavallo tra due mondi. Scopri un nuovo modo di vivere la città". Incuriosisce, senza dubbio.
E così eccoci qua. Intorno alle 9.00 usciamo dalla stazione della metropolitana di piazzale Lotto
e ci dirigiamo verso l’ingresso Est dell’ippodromo, costeggiando il moderno e ristrutturato centro sportivo Lido alla nostra destra. Arriviamo a un piccolo, ma ordinato parcheggio di biciclette per ogni tipo di terreno dove, a scelta, sono disponibili anche dei veicoli elettrici. Tutte le bici hanno un comodo gavone portaoggetti sul manubrio anteriore e i supporti per collegare i nostri più comuni apparecchi di comunicazione (tablet, smartphone e il nuovissimo “Wit”, il comunicatore olografico non più grande di una moneta) in modo da poterli facilmente avere sempre sott’occhio. Da casa avevo prenotato due bici per tutto il giorno e avevo potuto facilmente tracciare un ipotetico itinerario in base alle informazioni che avevo trovato sul sito degli ippodromi di Milano.
Oggi pomeriggio sono previste delle corse per cui ho deciso che alla mattina avremmo visitato velocemente l’interno della pista da corsa e il giardino botanico che si estende lungo quest’ultima, per dirigerci poi verso le vecchie scuderie costruite nei primi del Novecento e le aree di allenamento dei cavalli. Lì avremmo potuto assistere a qualche sessione di fine mattina, comodamente seduti al ristorante-bar degli artieri e, dopo questa breve pausa avremmo continuato in direzione del Boscoincittà, attraversando le vecchie scuderie e facendo una breve sosta a Villa Bellotta, uno dei centri logistici per turisti presenti in questa grande area verde di Milano, ma anche sede del piccolo “Museo della corsa”. Qui, tra racconti e altre curiosità ippiche, sono anche esposte le giubbe delle scuderie che hanno fatto la storia di questo sport. Al ritorno, nel pomeriggio avremmo assistito a qualche corsa.
Al piccolo parcheggio di piazzale Lotto cerco le bici n. 11 e 12, mi collego con il mio Tablet e ottengo il codice di sblocco inserendo i miei dati di riconoscimento. Io e Penelope abbiamo preso un tandem, mentre Tommaso una piccola mountain bike per bambini. Da questo momento siamo seguiti per tutto il tempo dal sistema e riceviamo in tempo reale qualunque tipo di informazione a seconda di dove ci troviamo. Ci avviciniamo al cancello di ingresso sul mio schermo va in scena un breve filmato che introduce la storia dell’ippodromo. Molti anni fa i cavalli passeggiavano anche all’esterno del muro di delimitazione, la città era molto diversa da ora e qui eravamo ancora in aperta campagna. Incredibile! L’attuale ippodromo fu costruito nel 1920 circa a sostituzione di quello costruito nel 1888, pressappoco nella stessa zona ma con l’asse orientato in direzione nord-sud. La differente orientazione era stata scelta anche per motivi “di luce”: la sua nuova disposizione infatti permetteva di evitare quelle fastidiose ombre che al pomeriggio comparivano lungo la dirittura d’arrivo, distraendo spesso i cavalli e facendo sì che più di una volta perdessero il giusto passo da corsa.
Una volta entrati e oltrepassato un piccolo ma caratteristico giardino dove si trova un locale di benvenuto, si apre davanti a noi l’interminabile dirittura di quasi 2000 metri
E’ uno spettacolo che lascia senza fiato e capiamo immediatamente che cosa significhi dire di un cavallo se ha o non ha “abbastanza cuore” per la pista di Milano: davanti a un tale rettilineo ti possono facilmente mancare le forze.
In effetti, ci accorgiamo di saperne davvero poco del mondo delle corse e la vista di questo grande spazio verde, inglobato completamente all’interno della città e di tutte le sue macchine che la animano giorno e notte, ci invoglia a conoscerlo meglio. Ogni metro della pista racchiude delle storie, come quella di Apelle, vincitore del Gran premio di Milano del 1921, correndo i 3000 metri tutti in testa e stabilendo un record a lungo imbattuto di 3’11’’, o la vittoria di Carnauba nelle Oaks d’Italia del 1975, qualche mese prima che la cavalla venisse rapita e tenuta in ostaggio per tre mesi in un cascinale in rovina nei pressi di Paderno Dugnano e poi abbandonata al rifiuto del proprietario di pagare il riscatto. Sorte peggiore capitò purtroppo all’avvocato Di Capua, amministratore delegato della Sire, società che all’epoca era padrona degli impianti, rapito nel 1977 e ritrovato sul fondo di un lago lombardo.
Queste storie ci riportano all’uomo e la presenza, tutto intorno, dei caseggiati che incombono sul perimetro delle aree verdi finora presidiate dall'ippodromo assume improvvisamente ai nostri occhi un significato minaccioso; dobbiamo sforzarci di trovare in noi stessi le ragioni di un compromesso tra questi elementi apparentemente inconciliabili per riacquistare serenità; alziamo lo sguardo dal video e cerchiamo conforto nelle piante.
Le querce che fanno ombra vicino all’area dei box per l’insellaggio e al tondino dove i cavalli sfilano prima della corsa, ci riportano ai tempi in cui le signore erano munite di immancabile ombrellino e gli uomini obbligatoriamente in nero, con un lungo cilindro come copricapo. A quei tempi l’ippodromo era molto vissuto, folle di persone e curiosi aspettavano l’arrivo dei campioni, il gioco e la scommessa si mischiavano alla competizione in un modo più discreto, a volte per scherzo altre volte per desiderio di ricchezza, ma senza scandali. La sala scommesse offre una serie di approfondimenti alquanto interessanti per gli amanti di statistiche, prestazioni e appassionati di queste macchine da corsa alimentate a zucchero. Molti si fermano in questa zona per visionare i filmati, interagire con i pannelli dislocati un po’ dappertutto, e scoprire nuove suggestioni legate al cavallo e allo studio delle sue prestazioni in corsa. Comitive di anziani in pensione vengono qui ogni settimana, a rilassarsi nel verde, a rimetabolizzare il vizio del gioco lontano dagli anonimi Casinò dell’est Europa.
Delle voci improvvise e il caratteristico scalpettio che gli zoccoli fanno sulla ghiaia richiamano la nostra attenzione
Un gruppo di sei persone a cavallo si avvicina lungo la strada che costeggia la pista da corsa. Alcuni provengono dal vicino Centro Ippico, mentre altri vivono nelle aree riservate ai mezzosangue. Sono cavalli di taglia possente: tra due sauri e uno pezzato come quelli che a volte vediamo nei vecchi film western, fa da contrasto uno più piccolo e slanciato, dal carattere più nevrile. Il suo proprietario ci dice che era un ex corridore che ha accettato in regalo da un suo amico allenatore. È questo uno dei modi per ricollocare un soggetto a fine carriera, se vi piace montare un cavallo veloce e scattante, aggiunge.
Il gruppo si allontana lungo la strada, alcuni hanno in programma di fare il percorso di salto che si trova a centro pista, mentre il resto proseguirà per una passeggiata nelle adiacenti aree dei parchi a ovest della pista di allenamento di Trenno. Al passaggio di un ciclista con mia sorpresa uno dei cavalli scarta e disarciona il suo cavaliere dandosi alla fuga. È una cosa normale e seguiamo le istruzioni che compaiono prontamente sul nostro schermo, precedute da un allarme sonoro: “Cavallo sciolto. State fermi e non agitatevi finché il personale non ha recuperato l’animale. Non cercate di fermarlo. Lasciatelo sfogare”. Il cavaliere, protetto da uno speciale corpetto che si gonfia automaticamente in caso di caduta, non si è fatto niente ma è, effettivamente, alquanto buffo.
Dopo che il cavallo è stato ripreso, proseguiamo cercando di non far notare il nostro divertimento. Scivoliamo lungo un sottopassaggio che ci porta nella zona di allenamento. Sono circa le 11.30 e c’è ancora attività. Il personale ci invita a scendere dalle bici e a procedere a piedi lungo il sentiero riservato ai visitatori. Sullo schermo del nostro tablet possiamo ora scegliere una serie di contenuti esplicativi sull’attività di allenamento: i lavori che si fanno, le attitudini dei soggetti, e molto altro. Sulla pista possiamo scorgere alcuni cavalli in esercizio mentre galoppano a poca distanza da noi ascoltandone il ritmico respiro che accompagna ogni falcata.
Arriviamo alle vecchie scuderie e, prima di accomodarci all’accogliente bar ristorante degli artieri, a ridosso della grande pista di allenamento di Trenno, non possiamo fare a meno di dare una sbirciatina lungo il viale che costeggia le venti e più corti che ospitano i box. E’ magistralmente curato e ai piedi di ogni albero c’è un’aiuola di fiori: ci avviciniamo ma un signore ci ferma spiegandoci gentilmente che l’accesso al pubblico è possibile solo dopo la fine dell’attività di allenamento. Parcheggiate le bici andiamo a sederci al bar, un appartato angolo verde che si affaccia sulla curva della pista di Trenno. Da qui, comodamente seduti, possiamo vedere i cavalli trottare per scaldarsi sotto il tondino coperto, entrare in pista per galoppare, e poi rientrare verso i box passeggiando sotto gli alberi.
Verso l’una, quando l’allenamento è terminato, andiamo a villa Bellotta attraversando il lungo viale che una volta un omino percorreva in bici, fermandosi in ogni cortile per dare meticolosamente l’olio a tutti i cardini delle porte dei box. Nella sua parte iniziale, durante la seconda guerra mondiale, c’era l’infermeria dei cavalli reduci dal fronte. A poca distanza da qui infatti c’è la caserma Perrucchetti, sede un tempo dei reggimenti d’artiglieria a cavallo. Rivediamo una ricostruzione della leggendaria carica di cavalleria di Isbuschenskij, l’ultima carica di cavalleria della storia militare e conosciamo Albino, un cavallo bianco, reduce di quella gloriosa giornata in cui i reparti italiani si scontrarono ed ebbero la meglio contro le truppe sovietiche, armate anche di mezzi corazzati. Albino ricevette una decorazione al valor militare e fu ospitato per il resto della sua vita in un grande box tutto per lui nella caserma del 3° Gorizia Cavalleria. Ebbe, ovviamente, anche una pensione di guerra e ogni mattina, allo squillo della tromba, nitriva.
Animali strani questi cavalli. C’è chi sostiene che non siano molto intelligenti ma dotati di una grande memoria. Federico Tesio sosteneva addirittura che non fossero capaci di amare, benché molto riconoscenti
Eppure è un’idea strana, ci credete veramente? Ci chiede con area perplessa Voltigeur, un baio di grande valore del 1847, che visse sempre in compagnia di un gatto che gli dormiva sulla schiena e che morì dopo pochi giorni che il cavallo lasciò il mondo terreno. La dolce Pretty Polly (1903), prima di rientrare al pesage, amava fermarsi un attimo e cercare il suo amico Joey, un piccolo cavallino dal quale non si separava che in corsa, come se, prima di permettere che la si disinsellasse, volesse condividere con lui le gioie dell’ultimo trionfo. Signorina, invece, nel 1904, alla vista di Chaleureux non volle sentire alcuna ragione: si piantò per strada e rifiutò di raggiungere il suo promesso sposo, un certo Isinglass. Dall’unione di Signorina con Chalereux nacque la più straordinaria cavalla di ogni tempo: Signorinetta, che a soli tre anni vinse Derby e Oaks. E che dire di Ribot? Non faceva un solo passo se non era accompagnato da Magistris, fedele amico e compagno di allenamento.
Arriviamo a villa Bellotta, entriamo per curiosità in quello che è oggi un piccolo tempio delle corse. All’ingresso ci viene incontro l’ologramma di un certo Webb, un ragazzino che, nel lontano 1870 era alle prime armi da fantino. Ci racconta come quella notte avesse fatto un sogno strano: vincere il Derby inglese che si sarebbe corso due settimane dopo. Tutto esaltato al mattino aveva confidato il suo sogno ai suoi colleghi che cominciarono a deriderlo senza pietà e la cosa non sfuggì all’allenatore Peck che passava di lì per caso. Quando per l’ultimo lavoro in vista della corsa il celebre Snowden non si fece vivo, ritenendo probabilmente inutile faticare su un cavallo dato a 50/1, Peck scorse per caso Webb e, ricordatosi del suo sogno, lo chiamò e lo pregò di montare Doncaster. Pochi giorni dopo Doncaster vinse il Derby, il sogno si realizzò e Webb divenne un fantino molto stimato. Doncaster una celebrità.
Proseguendo lungo il viale alberato dietro a Villa Bellotta giungiamo al Parco di Trenno, un grande parco urbano, molto amato dagli appassionati di corsa, che sorge su quello che, durante la prima guerra mondiale, era un campo di aviazione militare
Il cimitero inglese, a pochi passi dalla cascina Bellaria, ricorda questo passato bellicoso. Qui durante la seconda guerra mondiale c’era la contraerea tedesca e italiana. Anche al centro delle piste di allenamento erano presenti i cannoni militari. Le tombe del piccolo, ordinato cimitero raccolgono le spoglie di alcuni caduti di guerra del Commonwealth britannico, in particolare aviatori. Gli ospiti di cascina Bellaria hanno in programma una giornata di festa, raccolgono fondi per i giovani disabili dell’associazione e ci invitano ad andare oggi a puntare su Vanity Fair, la loro “allieva”, adottata da un paio di anni, che verso le cinque difenderà i colori dell’associazione sui mille metri della pista dritta di San Siro.
Sono già le tre. Troppo tardi per andare a vedere il Museo della Fatica e i Soggiorni del Petrarca a Cascina Linterno, passando per i sentieri del Boscoincittà e rivivendo chissà quale altra storia, magari di briganti e predoni che assalivano i frati benedettini, anch’essi armati e “con licenza di spada”, mentre scortavano i confratelli che curavano le numerose marcite presenti in zona. Oppure assistere dal vero a come una volta si arava la terra con buoi o cavalli, a seconda del tipo di terreno, o provare a tirare con un arco, al campo tiro dell’associazione Shadow Archery Team, un oggetto misterioso che non ho mai preso in mano. Questa parte la faremo un altro giorno. Ora che abbiamo scoperto quest'oasi di campagna a due passi da casa, continueremo a tornarci.
Presi dalla tipica eccitazione che tormenta il proprietario prima della gara ritorniamo in fretta alle piste per assistere alla corsa e magari, chissà, anche noi adotteremo un promettente campione.
E così eccoci qua. Intorno alle 9.00 usciamo dalla stazione della metropolitana di piazzale Lotto
e ci dirigiamo verso l’ingresso Est dell’ippodromo, costeggiando il moderno e ristrutturato centro sportivo Lido alla nostra destra. Arriviamo a un piccolo, ma ordinato parcheggio di biciclette per ogni tipo di terreno dove, a scelta, sono disponibili anche dei veicoli elettrici. Tutte le bici hanno un comodo gavone portaoggetti sul manubrio anteriore e i supporti per collegare i nostri più comuni apparecchi di comunicazione (tablet, smartphone e il nuovissimo “Wit”, il comunicatore olografico non più grande di una moneta) in modo da poterli facilmente avere sempre sott’occhio. Da casa avevo prenotato due bici per tutto il giorno e avevo potuto facilmente tracciare un ipotetico itinerario in base alle informazioni che avevo trovato sul sito degli ippodromi di Milano.
Oggi pomeriggio sono previste delle corse per cui ho deciso che alla mattina avremmo visitato velocemente l’interno della pista da corsa e il giardino botanico che si estende lungo quest’ultima, per dirigerci poi verso le vecchie scuderie costruite nei primi del Novecento e le aree di allenamento dei cavalli. Lì avremmo potuto assistere a qualche sessione di fine mattina, comodamente seduti al ristorante-bar degli artieri e, dopo questa breve pausa avremmo continuato in direzione del Boscoincittà, attraversando le vecchie scuderie e facendo una breve sosta a Villa Bellotta, uno dei centri logistici per turisti presenti in questa grande area verde di Milano, ma anche sede del piccolo “Museo della corsa”. Qui, tra racconti e altre curiosità ippiche, sono anche esposte le giubbe delle scuderie che hanno fatto la storia di questo sport. Al ritorno, nel pomeriggio avremmo assistito a qualche corsa.
Al piccolo parcheggio di piazzale Lotto cerco le bici n. 11 e 12, mi collego con il mio Tablet e ottengo il codice di sblocco inserendo i miei dati di riconoscimento. Io e Penelope abbiamo preso un tandem, mentre Tommaso una piccola mountain bike per bambini. Da questo momento siamo seguiti per tutto il tempo dal sistema e riceviamo in tempo reale qualunque tipo di informazione a seconda di dove ci troviamo. Ci avviciniamo al cancello di ingresso sul mio schermo va in scena un breve filmato che introduce la storia dell’ippodromo. Molti anni fa i cavalli passeggiavano anche all’esterno del muro di delimitazione, la città era molto diversa da ora e qui eravamo ancora in aperta campagna. Incredibile! L’attuale ippodromo fu costruito nel 1920 circa a sostituzione di quello costruito nel 1888, pressappoco nella stessa zona ma con l’asse orientato in direzione nord-sud. La differente orientazione era stata scelta anche per motivi “di luce”: la sua nuova disposizione infatti permetteva di evitare quelle fastidiose ombre che al pomeriggio comparivano lungo la dirittura d’arrivo, distraendo spesso i cavalli e facendo sì che più di una volta perdessero il giusto passo da corsa.
Una volta entrati e oltrepassato un piccolo ma caratteristico giardino dove si trova un locale di benvenuto, si apre davanti a noi l’interminabile dirittura di quasi 2000 metri
E’ uno spettacolo che lascia senza fiato e capiamo immediatamente che cosa significhi dire di un cavallo se ha o non ha “abbastanza cuore” per la pista di Milano: davanti a un tale rettilineo ti possono facilmente mancare le forze.
In effetti, ci accorgiamo di saperne davvero poco del mondo delle corse e la vista di questo grande spazio verde, inglobato completamente all’interno della città e di tutte le sue macchine che la animano giorno e notte, ci invoglia a conoscerlo meglio. Ogni metro della pista racchiude delle storie, come quella di Apelle, vincitore del Gran premio di Milano del 1921, correndo i 3000 metri tutti in testa e stabilendo un record a lungo imbattuto di 3’11’’, o la vittoria di Carnauba nelle Oaks d’Italia del 1975, qualche mese prima che la cavalla venisse rapita e tenuta in ostaggio per tre mesi in un cascinale in rovina nei pressi di Paderno Dugnano e poi abbandonata al rifiuto del proprietario di pagare il riscatto. Sorte peggiore capitò purtroppo all’avvocato Di Capua, amministratore delegato della Sire, società che all’epoca era padrona degli impianti, rapito nel 1977 e ritrovato sul fondo di un lago lombardo.
Queste storie ci riportano all’uomo e la presenza, tutto intorno, dei caseggiati che incombono sul perimetro delle aree verdi finora presidiate dall'ippodromo assume improvvisamente ai nostri occhi un significato minaccioso; dobbiamo sforzarci di trovare in noi stessi le ragioni di un compromesso tra questi elementi apparentemente inconciliabili per riacquistare serenità; alziamo lo sguardo dal video e cerchiamo conforto nelle piante.
Le querce che fanno ombra vicino all’area dei box per l’insellaggio e al tondino dove i cavalli sfilano prima della corsa, ci riportano ai tempi in cui le signore erano munite di immancabile ombrellino e gli uomini obbligatoriamente in nero, con un lungo cilindro come copricapo. A quei tempi l’ippodromo era molto vissuto, folle di persone e curiosi aspettavano l’arrivo dei campioni, il gioco e la scommessa si mischiavano alla competizione in un modo più discreto, a volte per scherzo altre volte per desiderio di ricchezza, ma senza scandali. La sala scommesse offre una serie di approfondimenti alquanto interessanti per gli amanti di statistiche, prestazioni e appassionati di queste macchine da corsa alimentate a zucchero. Molti si fermano in questa zona per visionare i filmati, interagire con i pannelli dislocati un po’ dappertutto, e scoprire nuove suggestioni legate al cavallo e allo studio delle sue prestazioni in corsa. Comitive di anziani in pensione vengono qui ogni settimana, a rilassarsi nel verde, a rimetabolizzare il vizio del gioco lontano dagli anonimi Casinò dell’est Europa.
Delle voci improvvise e il caratteristico scalpettio che gli zoccoli fanno sulla ghiaia richiamano la nostra attenzione
Un gruppo di sei persone a cavallo si avvicina lungo la strada che costeggia la pista da corsa. Alcuni provengono dal vicino Centro Ippico, mentre altri vivono nelle aree riservate ai mezzosangue. Sono cavalli di taglia possente: tra due sauri e uno pezzato come quelli che a volte vediamo nei vecchi film western, fa da contrasto uno più piccolo e slanciato, dal carattere più nevrile. Il suo proprietario ci dice che era un ex corridore che ha accettato in regalo da un suo amico allenatore. È questo uno dei modi per ricollocare un soggetto a fine carriera, se vi piace montare un cavallo veloce e scattante, aggiunge.
Il gruppo si allontana lungo la strada, alcuni hanno in programma di fare il percorso di salto che si trova a centro pista, mentre il resto proseguirà per una passeggiata nelle adiacenti aree dei parchi a ovest della pista di allenamento di Trenno. Al passaggio di un ciclista con mia sorpresa uno dei cavalli scarta e disarciona il suo cavaliere dandosi alla fuga. È una cosa normale e seguiamo le istruzioni che compaiono prontamente sul nostro schermo, precedute da un allarme sonoro: “Cavallo sciolto. State fermi e non agitatevi finché il personale non ha recuperato l’animale. Non cercate di fermarlo. Lasciatelo sfogare”. Il cavaliere, protetto da uno speciale corpetto che si gonfia automaticamente in caso di caduta, non si è fatto niente ma è, effettivamente, alquanto buffo.
Dopo che il cavallo è stato ripreso, proseguiamo cercando di non far notare il nostro divertimento. Scivoliamo lungo un sottopassaggio che ci porta nella zona di allenamento. Sono circa le 11.30 e c’è ancora attività. Il personale ci invita a scendere dalle bici e a procedere a piedi lungo il sentiero riservato ai visitatori. Sullo schermo del nostro tablet possiamo ora scegliere una serie di contenuti esplicativi sull’attività di allenamento: i lavori che si fanno, le attitudini dei soggetti, e molto altro. Sulla pista possiamo scorgere alcuni cavalli in esercizio mentre galoppano a poca distanza da noi ascoltandone il ritmico respiro che accompagna ogni falcata.
Arriviamo alle vecchie scuderie e, prima di accomodarci all’accogliente bar ristorante degli artieri, a ridosso della grande pista di allenamento di Trenno, non possiamo fare a meno di dare una sbirciatina lungo il viale che costeggia le venti e più corti che ospitano i box. E’ magistralmente curato e ai piedi di ogni albero c’è un’aiuola di fiori: ci avviciniamo ma un signore ci ferma spiegandoci gentilmente che l’accesso al pubblico è possibile solo dopo la fine dell’attività di allenamento. Parcheggiate le bici andiamo a sederci al bar, un appartato angolo verde che si affaccia sulla curva della pista di Trenno. Da qui, comodamente seduti, possiamo vedere i cavalli trottare per scaldarsi sotto il tondino coperto, entrare in pista per galoppare, e poi rientrare verso i box passeggiando sotto gli alberi.
Verso l’una, quando l’allenamento è terminato, andiamo a villa Bellotta attraversando il lungo viale che una volta un omino percorreva in bici, fermandosi in ogni cortile per dare meticolosamente l’olio a tutti i cardini delle porte dei box. Nella sua parte iniziale, durante la seconda guerra mondiale, c’era l’infermeria dei cavalli reduci dal fronte. A poca distanza da qui infatti c’è la caserma Perrucchetti, sede un tempo dei reggimenti d’artiglieria a cavallo. Rivediamo una ricostruzione della leggendaria carica di cavalleria di Isbuschenskij, l’ultima carica di cavalleria della storia militare e conosciamo Albino, un cavallo bianco, reduce di quella gloriosa giornata in cui i reparti italiani si scontrarono ed ebbero la meglio contro le truppe sovietiche, armate anche di mezzi corazzati. Albino ricevette una decorazione al valor militare e fu ospitato per il resto della sua vita in un grande box tutto per lui nella caserma del 3° Gorizia Cavalleria. Ebbe, ovviamente, anche una pensione di guerra e ogni mattina, allo squillo della tromba, nitriva.
Animali strani questi cavalli. C’è chi sostiene che non siano molto intelligenti ma dotati di una grande memoria. Federico Tesio sosteneva addirittura che non fossero capaci di amare, benché molto riconoscenti
Eppure è un’idea strana, ci credete veramente? Ci chiede con area perplessa Voltigeur, un baio di grande valore del 1847, che visse sempre in compagnia di un gatto che gli dormiva sulla schiena e che morì dopo pochi giorni che il cavallo lasciò il mondo terreno. La dolce Pretty Polly (1903), prima di rientrare al pesage, amava fermarsi un attimo e cercare il suo amico Joey, un piccolo cavallino dal quale non si separava che in corsa, come se, prima di permettere che la si disinsellasse, volesse condividere con lui le gioie dell’ultimo trionfo. Signorina, invece, nel 1904, alla vista di Chaleureux non volle sentire alcuna ragione: si piantò per strada e rifiutò di raggiungere il suo promesso sposo, un certo Isinglass. Dall’unione di Signorina con Chalereux nacque la più straordinaria cavalla di ogni tempo: Signorinetta, che a soli tre anni vinse Derby e Oaks. E che dire di Ribot? Non faceva un solo passo se non era accompagnato da Magistris, fedele amico e compagno di allenamento.
Arriviamo a villa Bellotta, entriamo per curiosità in quello che è oggi un piccolo tempio delle corse. All’ingresso ci viene incontro l’ologramma di un certo Webb, un ragazzino che, nel lontano 1870 era alle prime armi da fantino. Ci racconta come quella notte avesse fatto un sogno strano: vincere il Derby inglese che si sarebbe corso due settimane dopo. Tutto esaltato al mattino aveva confidato il suo sogno ai suoi colleghi che cominciarono a deriderlo senza pietà e la cosa non sfuggì all’allenatore Peck che passava di lì per caso. Quando per l’ultimo lavoro in vista della corsa il celebre Snowden non si fece vivo, ritenendo probabilmente inutile faticare su un cavallo dato a 50/1, Peck scorse per caso Webb e, ricordatosi del suo sogno, lo chiamò e lo pregò di montare Doncaster. Pochi giorni dopo Doncaster vinse il Derby, il sogno si realizzò e Webb divenne un fantino molto stimato. Doncaster una celebrità.
Proseguendo lungo il viale alberato dietro a Villa Bellotta giungiamo al Parco di Trenno, un grande parco urbano, molto amato dagli appassionati di corsa, che sorge su quello che, durante la prima guerra mondiale, era un campo di aviazione militare
Il cimitero inglese, a pochi passi dalla cascina Bellaria, ricorda questo passato bellicoso. Qui durante la seconda guerra mondiale c’era la contraerea tedesca e italiana. Anche al centro delle piste di allenamento erano presenti i cannoni militari. Le tombe del piccolo, ordinato cimitero raccolgono le spoglie di alcuni caduti di guerra del Commonwealth britannico, in particolare aviatori. Gli ospiti di cascina Bellaria hanno in programma una giornata di festa, raccolgono fondi per i giovani disabili dell’associazione e ci invitano ad andare oggi a puntare su Vanity Fair, la loro “allieva”, adottata da un paio di anni, che verso le cinque difenderà i colori dell’associazione sui mille metri della pista dritta di San Siro.
Sono già le tre. Troppo tardi per andare a vedere il Museo della Fatica e i Soggiorni del Petrarca a Cascina Linterno, passando per i sentieri del Boscoincittà e rivivendo chissà quale altra storia, magari di briganti e predoni che assalivano i frati benedettini, anch’essi armati e “con licenza di spada”, mentre scortavano i confratelli che curavano le numerose marcite presenti in zona. Oppure assistere dal vero a come una volta si arava la terra con buoi o cavalli, a seconda del tipo di terreno, o provare a tirare con un arco, al campo tiro dell’associazione Shadow Archery Team, un oggetto misterioso che non ho mai preso in mano. Questa parte la faremo un altro giorno. Ora che abbiamo scoperto quest'oasi di campagna a due passi da casa, continueremo a tornarci.
Presi dalla tipica eccitazione che tormenta il proprietario prima della gara ritorniamo in fretta alle piste per assistere alla corsa e magari, chissà, anche noi adotteremo un promettente campione.