Itizionario - P
Breve dizionario dell'itinerario
PALASPORT
La breve parabola del Palasport di San Siro riassume le glorie, le amarezze e i paradossi delle strutture sportive milanesi. Progettato nel 1969 dallo studio Valle di Roma, viene costruito tra il 1970 e il 1976, e per nove anni rappresenterà uno dei grandi vanti internazionali di Milano. Capace di accogliere fino a 20.000 spettatori, è concepito come un’innovativa struttura in grado di creare, con la sua forma concava a sella di cavallo e il suo velodromo, un forte legame visivo e simbolico con i vicini Ippodromi del trotto e del galoppo, oltre che con uno Stadio Meazza all’epoca non ancora dotato del terzo anello. Il Palasport è stato inoltre uno dei primi esempi italiani di struttura polifunzionale, con la possibilità di ospitare concerti, registrazioni di spettacoli televisivi come “Giochi senza frontiere”, gare indoor di atletica, ciclismo (la “Sei giorni di Milano”) e tennis (gli Internazionali di Milano), e soprattutto le seguitissime partite di basket di un’Olimpia Milano all’apice della sua popolarità. Il 17 gennaio 1985, però, una storica nevicata causa il crollo della copertura in lamiera dell’arena, che cede sotto il peso di un metro e mezzo di neve. Dopo l’allestimento di emergenza di un Palatenda per gli eventi già in programma (tra i quali il primo concerto italiano degli U2), inizia un rimpallo infinito di responsabilità e progetti di ricostruzione, risolto solo in parte con la costruzione del vicino Palatrussardi, in zona Lampugnano (oggi noto come PalaSharp e a sua volta in stato di totale abbandono dal 2011) e del Forum di Assago. Dopo la demolizione del rudere, avvenuta nel 1988, l’area dell’ex Palasport rimane inaccessibile al pubblico e si trasforma in una vera boscaglia incolta. Con l’attuale costruzione delle stazioni metropolitane di San Siro Ippodromo e San Siro Stadio (futuro capolinea della nuova linea M5) purtroppo non si intravede ancora un "ritorno al futuro" per questa straordinaria struttura, il cui modello è stato ripreso per alcuni impianti olimpici di Calgary 1988, Atene 2004 e Londra 2012.
PARCO AGRICOLO SUD
Con i suoi 47.000 ettari, il Parco Agricolo Sud Milano è una delle cinture verdi metropolitane più estese d'Europa. Cinge la città a semicerchio, interessando 61 comuni e oltre la metà del territorio provinciale; a ovest si congiunge al Parco del Ticino, a est a quello dell'Adda. Ne fanno parte e ne condividono i vincoli anche i parchi di “cintura” di Milano, tra cui quello di Trenno. Istituito nel 1990, il parco è frutto di un progetto degli anni Sessanta voluto da un vasto movimento di associazioni, ancora oggi riunite sotto la sigla Associazione Parco Sud. Ciò che lo rende pressoché unico a livello europeo è la sua primaria vocazione agricola, che si intreccia con i consueti obiettivi di salvaguardia del territorio, tutela ambientale e paesaggistica e valorizzazione del patrimonio storico e architettonico propri di ogni parco. La funzione agricola ha segnato la storia dello sviluppo economico dell'area nell'epoca in cui la campagna milanese riforniva i mercati della città; ancor oggi operano nel parco più di 1400 aziende agricole, che praticano prevalentemente un'attività intensiva. Caratterizzano il suolo la presenza di sorgenti e una ricca rete di corsi d'acqua naturali e di canali artificiali (l'Adda, il Lambro, i Navigli Grande e Pavese, ecc.). Nel corso dei secoli il territorio si è organizzato attorno a questa risorsa primaria: dapprima le abbazie, poi i castelli, in epoche più recenti ville e cascine. Benché la superficie coltivata sia la più estesa, il Parco Sud comprende anche aree boschive, parchi, oasi naturalistiche e aree protette (nelle zone di ¦fontanile). Oggi, in una economia agricola profondamente mutata, il parco svolge un ruolo determinante nel contenere l'avanzata del cemento, ma la pressione per modificare la destinazione agricola del suolo cresce costantemente: nel 2013, ad esempio, le amministrazioni dei vari comuni hanno chiesto complessivamente all'Ente parco, attraverso i Piani di governo del territorio (Pgt), oltre 5 milioni di mq, l'11% circa dell'intera superficie, per insediarvi nuovi servizi. Esistono, d'altro canto, iniziative mirate a ricostruire il rapporto tra città e campagna promuovendo la conoscenza delle attività agricole produttive; è il caso de “La strada del latte e dei formaggi”, progetto quinquennale del FAI in collaborazione con Expo 2015 e Confederazione italiana agricoltori Lombardia.
PARCO BOTANICO DELL'IPPODROMO
Ci sono l'ulivo e il cedro dell’Himalaya, il faggio e la sequoia, l'azalea e il bambù. Il Parco botanico si inserisce all’interno dei 150 ettari del comprensorio ippico di San Siro: non un polmone verde qualunque, ma un'area ricca di alberi secolari e autentiche rarità. Molte specie furono acquistate all'estero, negli anni in cui veniva realizzato l'impianto per il galoppo progettato da Paolo Vietti Violi, per volontà di due appassionati quali il conte Durini e il conte Emilio Turati – primo presidente della Sire (Società italiana per l'incoraggiamento delle razze equine) – che inaugurò il nuovo ippodromo nell'aprile 1920. Il parco comprende 72 specie arboree e propone diversi percorsi botanici a tema identificati da codici colorati: itinerario generale (grigio); piante insolite a Milano (rosso); piante esotiche (celeste); piante caducifoglie (giallo); piante sempreverdi (fucsia); piante autoctone (verde acqua); esemplari notevoli (arancione); piante comuni a Milano (blu). Le targhette informative riportano nomenclatura scientifica e volgare della pianta, paese di provenienza, numero identificativo e percorsi in cui rientra.
PARCO DI TRENNO
Il Parco di Trenno, un tempo Parco Scheibler dal nome del suo antico proprietario, è uno dei più grandi della città di Milano ed è stato istituito nel 1971. È situato nella zona nord-ovest del capoluogo lombardo, al confine con il piccolo borgo suo omonimo che è stato annesso alla città nel 1923. Il parco, che ha un’estensione di circa 50 ettari, confina a est con le due piste di allenamento dell’ippodromo, la ¦Trenno e la ¦Maura, e con il complesso delle vecchie scuderie, mentre a ovest è delimitato da via cascina Bellaria. L’area su cui sorge è stata utilizzata come campo di aviazione militare durante la prima guerra mondiale e, successivamente al termine del conflitto, è stata coltivata fino agli anni Settanta. La sua conformazione attuale è testimonianza di questo suo utilizzo, essendo caratterizzata da una suddivisione in campi rettangolari, delimitati da doppi filari di alberi. A ulteriore riprova della natura agricola della zona, all’interno del parco di Trenno sorgono due cascine, la cascina Bellaria e la Cassinetta di Trenno, che sono state operative fino alla costituzione del parco stesso. Anche i due ¦fontanili che consentivano l’irrigazione delle terre, il fontanile Santa Maria e il fontanile Cagnola, non sono più attivi ormai da anni. Un elemento di particolare interesse, nel quale ci si imbatte passeggiando lungo il confine occidentale del parco (via cascina Bellaria), è il ¦cimitero dei caduti di guerra anglo-americani, in tipico stile inglese, dove hanno trovato sepoltura 417 soldati della seconda guerra mondiale. La flora del parco è quella tipica della Pianura Padana che popola le campagne dell’hinterland milanese e comprende specie come robinie, aceri, betulle, frassini, gelsi, platani, tigli, pioppi cipressini, querce e alcune conifere. Il parco di Trenno si presta ad essere frequentato da sportivi, in quanto attrezzato per diverse attività. Vi si trovano campi da tennis, da calcio (sia in erba che sintetici), da basket, ma anche aree destinate al gioco delle bocce e altre attrezzate per il divertimento dei più piccoli. Le stradine asfaltate sono ideali sia per gli amanti del jogging che per i pattinatori.
PETRARCA, FRANCESCO
Fu un poeta, scrittore e umanista italiano, nato ad Arezzo nel 1304. Nonostante la maggior parte dei suoi scritti sia in lingua latina, la sua fama universale è legata al suo capolavoro in volgare, il Canzoniere. Gli avvenimenti della sua vita lo portarono a frequenti spostamenti sia in Italia che all’estero: visse ad Incisa Valdarno, a Pisa, poi in Francia a Carpentras e ad Avignone, poi di nuovo in Italia fra Genova, Parma, Bologna, Verona, Roma. Nel 1353 rientrò definitivamente in Italia e, incerto su dove fermarsi, fu invitato dall’arcivescovo Giovanni Visconti, signore della città di Milano, a svolgere per lui importanti incarichi diplomatici. A Milano rimase per otto anni, durante i quali, secondo una tradizione ormai più che radicata nel tempo, della quale racconta anche Pietro Verri, Petrarca amava ritirarsi fra campi e fontanili presso la Cascina Linterno, che attualmente è compresa nel Parco Delle Cave, nella zona nord-ovest della città. Proprio a questa cascina, nota un tempo come “ad Infernum” o “cassina de Infernum”, fa probabilmente riferimento lo stesso Petrarca in una lettera all’amico Moggio di Parma e anche in altri scritti, dove parla di un luogo nominato “Infernum” o “Inferno”: un toponimo non rarissimo, ma non presente altrove nel Milanese. Lasciata Milano a causa della peste nel 1359, Petrarca condusse il resto della sua vita nel Veneto, fra Padova, Venezia ed Arquà, sui colli Euganei, dove morì nel 1374.
PROPRIETARIO
Tra tutte le figure legate al mondo del cavallo da corsa, quella del proprietario è certamente quella meno avvicinabile al concetto di mestiere o di professione. L’attività di proprietario può semmai essere considerata come l’effetto di una vocazione, di un’ambizione sociale e di una costosa passione. Se, fino alla fine dell’Ottocento, i proprietari di scuderie di cavalli da corsa erano invariabilmente i rampolli di famiglie aristocratiche, a partire dall’inizio del Novecento furono le famiglie dell’alta borghesia a distinguersi in Italia per i loro generosi investimenti in questo settore. Possedere, mantenere, curare e far correre purosangue è un’attività molto onerosa dal punto di vista finanziario e molto prestigiosa dal punto di vista sociale. Grandi famiglie che si sono distinte nella storia italiana dell’ippica sono ad esempio i Crespi, i Breda, i Pirelli. Figure di proprietari che, per quanto appassionati, si tenevano ai margini, partecipando alla vita delle loro scuderie solo nelle grandi occasioni. Sul versante opposto troviamo personaggi come Federico Tesio, gentleman rider in giovane età e poi per tutta la vita allevatore di straordinario talento, oltreché proprietario. Un caso a sé è rappresentato da Luchino Visconti, che in gioventù, prima di diventare un grande regista cinematografico, si occupò con passione e competenza della scuderia di famiglia (un’antica famiglia dell’aristocrazia milanese: i Visconti di Modrone) e si dimostrò un avvedutissimo gentleman rider, proprietario e allevatore.